
confisca di prevenzione – misure afflittive ancorche’ non penali – determinatezza base legale – necessita’
06 Dicembre 2021 | Diritto Contemporaneo, Giurisprudenza di Legittimità
Corte di Cassazione, sezione seconda, sentenza 6 giugno 2019
Pur non avendo natura penale, sequestro e confisca di prevenzione restano peraltro misure che incidono pesantemente sui diritti di proprietà e di iniziativa economica, tutelati a livello costituzionale (artt. 41 e 42 Cost.) e convenzionale (art. 1 Prot. addiz. CEDU): esse dovranno, pertanto, soggiacere al combinato disposto delle garanzie cui la Costituzione e la stessa CEDU subordinano la legittimità di qualsiasi restrizione ai diritti in questione, tra cui segnatamente: 1) la sua previsione attraverso una legge (artt. 41 e 42 Cost.) che possa consentire ai propri destinatari, in conformità alla costante giurisprudenza della Corte EDU sui requisiti di qualità della “base legale” della restrizione, di prevedere la futura possibile applicazione di tali misure (art. 1 Prot. addiz. CEDU); 2) l’essere la restrizione “necessaria” rispetto ai legittimi obiettivi perseguiti (art. 1 Prot. addiz. CEDU), e pertanto proporzionata rispetto a tali obiettivi, ciò che rappresenta un requisito di sistema anche nell’ordinamento costituzionale italiano per ogni misura della pubblica autorità che incide sui diritti dell’individuo, alla luce dell’art. 3 Cost.; nonchè 3) la necessità che la sua applicazione sia disposta in esito a un procedimento che – pur non dovendo necessariamente conformarsi ai principi che la Costituzione e il diritto convenzionale dettano specificamente per il processo penale – deve tuttavia rispettare i canoni generali di ogni “giusto” processo garantito dalla legge (art. 111 Cost., commi 1, 2 e art. 6 CEDU, nel suo “volet civil”), assicurando in particolare la piena tutela al diritto di difesa (art. 24 Cost.) di colui nei cui confronti la misura sia richiesta.
La Corte Costituzionale ha ulteriormente ricordato, con specifico riguardo alla legittimità della normativa che prevede l’applicazione delle misure di prevenzione (anche patrimoniali) ai soggetti “abitualmente dediti a traffici delittuosi” e a “coloro (…) che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose”, alla luce del decisum della Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nella sentenza De Tommaso del 23 febbraio 2017 che ha ritenuto che le disposizioni in parola non soddisfino gli standard qualitativi – in termini di precisione, determinatezza e prevedibilità – che deve possedere ogni norma che costituisca la base legale di un’interferenza nei diritti della persona riconosciuti dalla CEDU o dai suoi protocolli che, con riferimento alle “fattispecie di pericolosità generica” disciplinate dalla L. n. 1423 del 1956, art. 1, nn. 1) e 2), e – oggi – dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1,lett. a) e b), (disposizione, quest’ultima, alla quale per comodità si farà prevalentemente riferimento nel prosieguo):
a) allorchè si versi – come nelle questioni ora all’esame – al di fuori della materia penale, non può del tutto escludersi che l’esigenza di predeterminazione delle condizioni in presenza delle quali può legittimamente limitarsi un diritto costituzionalmente e convenzionalmente protetto possa essere soddisfatta anche sulla base dell’interpretazione, fornita da una giurisprudenza costante e uniforme, di disposizioni legislative pure caratterizzate dall’uso di clausole generali, o comunque da formule connotate in origine da un certo grado di imprecisione, purchè tale interpretazione giurisprudenziale sia in grado di porre la persona potenzialmente destinataria delle misure limitative del diritto in condizioni di poter ragionevolmente prevedere l’applicazione della misura stessa;
b) la locuzione “coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose” è oggi suscettibile di essere interpretata come espressiva della necessità di predeterminazione non tanto di singoli “titoli” di reato, quanto di specifiche “categorie” di reato;
c) la giurisprudenza di legittimità ha correttamente delineato i limiti applicativi di detta disposizione.