
la confisca di prevenzione nel dibattito delle camere penali per la presentazione del libro di alessandro barbano “l’inganno”
03 Aprile 2023 | news
Nella prestigiosa sala convegni del Comune di Treviso, in occasione del convegno organizzato dalla Camere penali Venete sulle misure patrimoniali di prevenzione, è stato presentato “L’Inganno”, il libro di ALESSANDRO BARBANO che svela gli abusi dell’antimafia. Dopo la presentazione dell’evento dall’Avv. SONIA SOMMACAL, membro dell’Osservatorio Misure di Prevenzione della Fondazione Gulotta, e dell’Avv. SILVIA BISCARO, vice presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Treviso, che ha aperto i lavori e portato il saluto dell’Ordine, la durissima analisi dello stesso autore del libro che ha puntato il dito, non soltanto contro gli strumenti di prevenzione antimafia della confisca ma anche, verso il sistema di gestione dei beni e delle imprese “acquisite” dallo Stato, quasi sempre lasciate fallire per l’inadeguatezza degli amministratori giudiziari. Barbano si è soffermato sulla contraddizione del sistema giuridico che arriva all’ablazione di interi patrimoni nei confronti di persone che sono state assolte perché il fatto non sussiste nei rispettivi e, spesso, paralleli processi penali. Ma, l’analisi dell’autore è andata anche oltre la confisca di prevenzione evidenziando come il “gigantismo” di certe retate di mafia, poi pesantemente ridimensionate già in sede di riesame dei provvedimenti cautelari, abbia fatto perdere credibilità al sistema.
Di tenore diverso, l’intervento del giudice RAFFAELLO MAGI, una delle “firme” più prestigiose della Corte di Cassazione “…dobbiamo partire dal presupposto che lo Stato non può tollerare la conservazione dei patrimoni illecitamente accumulati”. L’alto magistrato ha evidenziato l’importante opera di armonizzazione del sistema di prevenzione nel quadro dei principi costituzionali e convenzionali compiuta dalla Corte negli ultimi dieci anni, opera questa che ha visto l’intervento per ben 15 volte delle Sezioni Unite per uniformare la complessa e spesso distonica giurisprudenza di merito in una materia, quale quella della prevenzione, a forte connotazione pretoria.
Per l’Avv. BALDASSARE LAURIA, direttore della Fondazione Giuseppe Gulotta, la realtà concreta del fenomeno delle misure di prevenzione è peggiore di quella descritta da Alessandro Barbano “..siamo di fronte ad un sistema che si pone al di fuori dei principi costituzionali, si pensi alle intercettazioni ritenute inutilizzabili nel processo penale, in quanto assunte in violazione dell’art. 270 c.p.p. e 15 Cost., che rientrano nel processo di prevenzione, a sua volta nato sulle ceneri di quello penale”. Il vero vulnus del sistema è la pericolosità sociale dell’appartenenza mafiosa, categoria giuridica diversa dalla partecipazione all’associazione mafiosa di cui all’art. 416 bis c.p., che ha consentito di ritenere “mafiosi” quegli stessi soggetti assolti perché il fatto non sussiste. In altre parole, una condotta (l’appartenenza) che non è reato, ma rende ugualmente pericolosi. Una sorta di area grigia dove non si è colpevoli ma nemmeno innocenti.
Per Lauria, l’impianto del codice antimafia non garantisce il diritto di difesa, è una “truffa delle etichette” perché sulla ritenutA estraneità alla “materia penale” incide pesantemente sulle libertà personalI e sul diritto di proprietà, diritti tutelati costituzionalmente, e quando il proposto vince la causa non v’è alcuna norma che garantisca l’indennizzo per le perdite subìte, altro che giusto processo, è una partita truccata.
Importanti critiche al sistema anche dall’Avv. FEDERICO VIANELLI, Presidente dell’Unione delle Camere Penali del Veneto, che ha evidenziato la deriva del sistema di prevenzione verso uno “spazio” ben lontano dai principi costituzionali del giusto processo, invocando una sostanziale modifica a garanzia delle persone. Infine, anche l’Avv. PAOLO GIUSTOZZI, referente dell’Osservatorio Misure di Prevenzione dell’Unione delle Camere Penali, che ha evidenziato la criticità dell’ordinamento che sull’altare dell’autonomia valutativa del giudice della prevenzione, rispetto a quello penale, consuma un’intollerabile contraddizione di sistema.