
la corte edu dà ragione alla repubblica di san marino, la confisca senza condanna non viola la presunzione di innocenza
04 Dicembre 2020 | evidenza
Legittima la confisca senza responsabilità dei proprietari assolti dal reato di riciclaggio per mancanza dell’elemento soggettivo
Con la sentenza del 8.10.2019 , la CEDU pone fine alla controversia che vedeva contrapposta la Repubblica di San Marino alle sorelle Balsamo, confermando il provvedimento di confisca pronunciato dalle Autorità sammarinesi nonostante le stesse fossero state assolte in appello nel relativo processo penale per riciclaggio. In primo grado le due sorelle erano state condannate ed era stata disposta la confisca. La Corte di appello che assolveva le imputate per insufficienza di prova confermava la confisca sulla base del principio, internazionalmente riconosciuto, che il crimine non può pagare, considerato che si trattava di denaro di provenienza illecita dell’attività delittuosa del padre delle due ragazze.
Secondo le ricorrenti si erano violati due principi fondamentali: quello che senza condanna non debba esserci sanzione e quello secondo cui, applicando una sanzione in caso di assoluzione, sarebbe venuta meno la presunzione di innocenza. In entrambi i casi la corte ha dichiarato il ricorso infondato. Infatti, secondo una giurisprudenza internazionale consolidata, la misura della confisca non è configurabile soltanto come sanzione, ma anche come misura di prevenzione affinché denaro di provenienza illecita non torni in circolo in funzione del principio che il crimine non può pagare. Pertanto, se è applicata quale misura di prevenzione, circostanza che non è esclusa dall’articolo 147 del codice penale, quello relativo alla confisca, appunto, è possibile, come nel caso specifico, che la confisca stessa non sia necessariamente legata alla condanna. Per lo stesso motivo, quindi, non vi è violazione della presunzione di innocenza, considerato che nel caso specifico la confisca non va vista come una condanna accessoria per chi è stato assolto, bensì come una misura di prevenzione.

In entrambi i casi il ricorso alla Corte è stato dichiarato infondato e irricevibile.
Per un altro punto, relativo alla tutela del diritto di proprietà previsto dall’articolo 1 del protocollo aggiuntivo, pur essendo stato dichiarato ammissibile il ricorso, la Corte, dopo aver vagliato nel merito la questione, ha dichiarato che non vi è stata alcuna violazione della norma. In tale caso si sosteneva che la confisca avrebbe violato il diritto di proprietà delle ricorrenti sostenendo che la misura veniva applicata perché ne veniva riconosciuta la provenienza illecita e non il futuro utilizzo.
La Corte ha tuttavia rilevato come le ricorrenti non abbiano provato la liceità di quei denari né la loro futura destinazione, per i quali, semmai, vi era prova della illecita provenienza. “Lo scopo della confisca è eliminare tali fondi dalla circolazione ulteriore nell’economia” , ha ribadito Strasburgo. Infatti la Corte ha aggiunto che gli Stati “devono avere un ampio margine di apprezzamento per quanto riguarda il mezzo appropriato per applicare misure di controllo dell’uso” di denaro riconosciuto di provenienza illecita.
La Corte ha poi evidenziato che il tribunale nazionale ha “offerto ai richiedenti una ragionevole opportunità di sottoporre il loro procedimento a contraddittorio”, al fine di dimostrare la liceità di quelle somme.
Dimostrazione che, però non c’è stata. Per questo la Corte ha concluso che la confisca non ha violato il diritto di proprietà ed equità.