
Mondo
Da un punto di vista storico, l’esigenza di aggredire patrimoni di origine illecita è stata avvertita principalmente nei paesi in cui storicamente la criminalità organizzata ha radicamento e presenza consolidati, e non a caso i primi paesi che hanno introdotto una legislazione in materia sono l’Italia (1956) e gli USA (1970).
Negli ultimi 15 anni questo modello di aggressione alla criminalità organizzata e ai profitti illeciti provenienti da reati di rilevante allarme sociale ha avuto una consistente diffusione, all’interno dell’Unione Europea ma soprattutto nei paesi di tradizione giuridica anglosassone.
In particolare i paesi di common law (UK, Irlanda, USA, Australia, Canada, Nuova Zelanda) hanno adottato normative sulla falsariga della “actio in rem”, un procedimento civilistico nel quale l’Autorità pubblica deve provare, senza alcuna necessaria connessione con un processo e una condanna penale, che i beni provengono, con un alto grado di probabilità, da una condotta penalmente illecita. Non è necessario provare esattamente a quale reato i beni siano collegati, anche se è necessario dimostrare quantomeno la tipologia di reato da cui i beni provengono.
All’interno della UE, tale modello è stato adottato dal Regno Unito con il “PROCEEDS OF CRIME ACT” – POCA del 2002 (già preceduto dal “Criminal Justice Act” del 1988/1993, dal “Drug Trafficking Act” del 1994 e dal primo “Proceeds of Crime Act” del 1995) E In Irlanda un analogo “PROCEEDS OF CRIME ACT” è vigente dal 1996.
Nei paesi europei con tradizione di Civil Law numerosi sistemi conoscono forme di “confisca in assenza di condanna” (Non Conviction Based Confiscation: NCBC).
La maggior parte di questi istituti sono però inquadrabili all’interno del processo penale, e hanno lo stesso scopo delle misure di sicurezza dell’art. 240 del codice penale italiano, con riferimento specifico alla pericolosità della cosa confiscata – seppure con applicabilità più estesa.
Numerosi sono poi i casi in cui la confisca, all’esito del processo penale, colpisce il terzo estraneo al reato, ma solo se il bene che viene confiscato è connesso al reato per cui vi è stata condanna nei confronti dell’imputato, e comunque solo qualora emergano elementi tali da poter escludere la buona fede del terzo. – In questi casi la confisca è tecnicamente una NCBC, ma è strettamente legata al processo e alla dichiarazione di responsabilità penale dell’imputato.
Emblematica la vicenda dei Paesi Bassi. Secondo l’art. 36 co. 2 del codice penale olandese la confisca dei beni profitto e provento di reato può essere applicata all’imputato, all’esito del processo penale, non solo in relazione ai reati per i quali lo stesso è stato processato e condannato, ma anche con riferimento ad “altri reati”, che presentino profili di connessione con quello per cui vi è stata condanna (requisito, quello della “connessione”, peraltro non previsto dal testo di legge, ma derivante dall’interpretazione della Corte Suprema olandese) ma per cui l’imputato non è stato nè processato nè condannato.
Dalla applicazione di questa normativa ha avuto origine, di fronte alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il caso Geerings (Corte EDU Geeringsv The Netherlands, n. 30810/03, 1.3.2007), in seguito al quale la Corte di Strasburgo ha dichiarato la violazione dell’art. 6 § 2 della CEDU sulla base dell’assorbente considerazione per cui la confisca era stata applicata, a seguito della celebrazione di un processo penale, su beni connessi a un reato per il quale l’imputato non era stato condannato.
A seguito dell’adeguamento della giurisprudenza nazionale alla pronuncia della Corte di Strasburgo ora i Paesi Bassi non conoscono alcuna forma di confisca in assenza di sentenza di condanna.
Anche la Svezia ha introdotto nel 2008, all’interno del proprio codice penale, una normativa del tutto analoga a quella olandese. Al Capito 36 del codice è stato aggiunta una sezione “1b” che prevede che, all’esito del processo penale e in caso di condanna dell’imputato, ove non sia possibile procedere alla confisca dei beni provento o profitto del reato, è possibile confiscare altri beni per i quali la Corte sia convinta che provengano da altri reati della stessa tipologia di quello per cui è intervenuta condanna. Per tale confisca il codice richiede un onere probatorio a carico dell’accusa meno stringente di quello richiesto per la condanna: la normativa svedese non ha ancora affrontato il vaglio della Corte EDU.
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