
la confisca di prevenzione nella tutela costituzionale multilivello: tra le istanze di tassatività e ragionevolezza se ne afferma la natura ripristinatoria (c. cost. 24/2019)
13 Ottobre 2020 | Prassi e Documenti
di Anna Maria Maugeri e Paulo Pinto de Albuquerque, pubblicato in Sistema Penale
Nell’ambito di un proficuo “dialogo tra le Corti” e del c.d. costituzionalismo multilivello la sentenza della Corte Costituzionale n. 24/2019, in attuazione delle indicazioni della sentenza della Corte Edu De Tommaso, ha dichiarato l’incostituzionalità della categoria dei destinatari di cui all’art. 1, c. 1, lett. a) d.lgs. 159/2011 (“coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi”) nonostante lo sforzo di interpretazione tassativizzante, offerto dalla giurisprudenza della Suprema Corte; la Corte, inoltre – perlomeno in relazione alle misure patrimoniali – contesta la mancanza di ragionevolezza di tale fattispecie, nel senso che ritiene il generico riferimento a traffici delittuosi non idoneo a fondare quella presunzione di illecito arricchimento su cui si fondano le misure patrimoniali.
La Corte Costituzionale – attribuendosi un deciso ruolo conformativo, alla ricerca di un difficile equilibrio tra esigenze di tutela delle garanzie, da una parte, e delle istanze efficientiste sottese alle misure di prevenzione, dall’altra – salva l’ipotesi di pericolosità generica di cui all’art. 4, c. 1, lett. b, con una problematica operazione di ortopedia giuridica.
Il contributo critica in maniera decisa la sentenza della Corte Costituzionale laddove attribuisce una mera natura ripristinatoria alla confisca di prevenzione e alla confisca allargata ex art. 240 bis c.p. – species dell’unico genus della “confisca dei profitti sospetti” –, con l’evidente fine di negarne “la natura sostanzialmente sanzionatorio-punitiva” e sottrarle allo “statuto costituzionale e convenzionale delle pene” o meglio della “materia penale” nell’accezione ampia riconosciuta dalla Corte Edu, complice del resto in tale atteggiamento di equilibrismo politico volto a preservare l’efficienza di tali misure.
Il lavoro evidenzia, inoltre, l’apprezzabile e inedito rigore giurisprudenziale nell’accertamento della pericolosità generica, definito dalla Corte Costituzionale sforzo di tassativizzazione di carattere processuale, anche se – e anche in relazione alle fattispecie a pericolosità qualificata –, non mancano le ambiguità e i passi indietro, perché le misure di prevenzione rimangono strutturalmente aperte ad abusi applicativi rappresentando il regno dell’indizio, in luogo della prova. Nonostante la Corte Costituzionale, inoltre, distingua nettamente i due profili della tassatività sostanziale e processuale, si evidenziano i legami tra questi due aspetti in quanto il principio di legalità è realmente rispettato solo se i fatti in giudizio sono correttamente provati in un regolare processo e la presunzione d’innocenza, prima ancora di garantire in sede processuale il rispetto del principio di colpevolezza, dovrebbe garantire il pieno rispetto del principio di legalità.