
Giurisprudenza
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CAUSA Serazin c. CROATIA, Corte EDU, I Sez., 8 novembre 2018 DASPO - NE BIS IN IDEM - FATTI OGGETTO DI CONDANNA PENALE LA Corte EDU esclude la natura penale del DASPO e, conseguentemente, la violazione del principio "ne bis in idem" in caso di misura disposta per fatti oggetto di una condanna penale. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che il provvedimento che vieta al tifoso di assistere a competizioni sportive previsto dalla legislazione croata – in tutto simile, come gli stessi giudici di Strasburgo rilevano, al DASPO italiano – non costituisca una sanzione penale ai sensi della Convenzione, stante la sua eminente funzione preventiva; e che, pertanto, la misura in questione possa essere disposta anche in relazione ai medesimi fatti di reato che hanno comportato l’inflizione di una (vera e propria) pena da parte del giudice, senza che ciò dia luogo a un bis in idem. |
CAUSA Gi. S.R.L. e altri c. ITALIA, Corte EDU, Grande camera, 28 giugno 2018 REATI URBANISTICI - LOTTIZZAZIONE ABUSIVA DI TERRENI- ACCERTAMENTO ELEMENTI OGGETTIVI E SOGGETTI DEL REATO - NECESSITA’ ANCHE SENZA CONDANNA FORMALE La natura penale della confisca dei reati urbanistici disciplinata dall’art. 44 T.U. edilizia, pur non essendo legata alla pronuncia formale della condanna, presuppone sempre un accertamento degli elementi oggettivi e soggettivi sostanziali del reato. Ove i beni confiscabili appartengono a soggetti, estranei al processo, è necessario garantire il contraddittorio dei destinatari di essa. Giunge finalmente a termine la vexata quaestio della confisca dei terreni nei reati di lottizzazione abusiva i i cui procedimenti penali si sono conclusi con sentenza di improcedibilità per estinzione del reato per prescrizione, oggetto della nota sentenza SUD FONDI C/ ITALIA. |
LOREFICE c. ITALIA, Corte EDU, Sez. I, 29 giugno 2017 RIFORMA DELL'ASSOLUZIONE IN APPELLO SENZA RIAPERTURA DELL'ISTRUTTORIA DIBATTIMENTALE - VIOLAZIONE ART. 6 CEDU La prima sezione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha condannato la Repubblica Italiana in relazione ad una condanna della Corte di Appello di Palermo del 15.02.2012 che in riforma della sentenza di assoluzione del Tribunale di Sciacca aveva ritenuto la colpevolezza dell'imputato, previo giudizio di attendibilità dei testi di accusa. La Corte di Cassazione Italiana, àdita dall'imputato, confermava detta statuizione ritenendo come non vi fosse nell'ordinamento italiano una regola generale che imponesse la riedizione delle testimonianze in appello per pervenire ad un giudizio di attendibilità degli stessi, in luogo del giudizio opposto in primo grado. Invero, l’art. 1 comma 58 della legge 23 giugno 2017 n. 103 (cosiddetta “riforma Orlando”) ha modificato l’art. 603 c.p.p., introducendo una specifica fattispecie processuale da cui nasce l’obbligo di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. Si prevede, infatti, che «nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale». |
DE TOMMASO c. ITALIA, Corte EDU, Grande Camera, 23 febbraio 2017 MISURE DI PREVENZIONE PERSONALI - PERICOLOSITÀ SOCIALE SEMPLICE - INDETERMINATEZZA PREVISIONE ART. 1 D.LGS 159/2011 - VIOLAZIONE ART. 2 PROTOCOLLO 4 CONVENZIONE EDU Con la sentenza del 27.02.2017 la Grande Camera della CEDU, nell'individuare nel disposto di cui all'art. 1 della L. 1423/56 - oggi trasfuso nell'art. 1 del Decreto Legislativo 159/2011 - la base legale per l'applicazione della misura di prevenzione personale al ricorrente, DE TOMMASO, ha ritenuto detta previsione legislativa non compatibile con i principi esposti nell'art.2 del Protocollo 4 aggiunto alla Convenzione, che com'è noto protegge la libertà di circolazione delle persone, e ciò atteso il deficit di determinatezza e prevedibilità della fattispecie, lasciando così al giudice della prevenzione un ampio margine di discrezionalità nell'individuazione delle condotte per l'applicabilità della misura. |
GOGITIDZE e altri c. GEORGIA, Corte EDU, IV Sez., 12 maggio 2015 MISURA PREVENZIONE PATRIMONIALE - ACTIO IN REM - SOSPETTA PROVENIENZA ILLECITA DEI BENI La CEDU affronta una questione di confisca sotto l'angolo del diritto alla proprietà privata. Il caso riguarda una misura che nel nostro ordinamento sarebbe qualificata come confisca di prevenzione, applicata sulla base di due presupposti: la mera pendenza di un processo penale a carico di un exministro, accusato di reati contro la PA ed estorsione; la sospetta provenienza illecita dei beni confiscati, in ragione della sproporzione tra il reddito dichiarato dai loro titolari - l'ex ministro ed alcuni suoi famigliari - e il valore dei beni stessi. La Corte europea considera legittima tale interferenza statale nel godimento della proprietà privata alla luce dei requisiti previsti dall'art. 1 Prot. 1 Cedu. La misura ablatoria in parola deve essere qualificata come "actio in rem" di natura civile, ossia come strumento di recupero di ricchezza illecitamente accumulata, finalizzato alla sua restituzione ai legittimi titolari (privati o enti pubblici). La confisca in esame ha una valida base legale, e può essere applicata anche per fatti commessi prima del 2004 (anno dell'entrata in vigore della legge che l'ha introdotta), in quanto rappresenta una sorta di disciplina attuativa, avente ad oggetto gli aspetti pecuniari di standard generali vigenti in materia di anti-corruzione. Nessun dubbio, prosegue quindi la Corte europea, circa la rispondenza della confisca in esame con i restanti requisiti dell'art. 1 Prot. 1 Cedu: ossia la "causa di pubblica utilità", da individuarsi nel contrasto ai reati contro la PA ed alla restituzione dei beni di provenienza illecita; e la "proporzionalità", che non viene scalfita dalla particolare severità della disciplina in esame (applicazione della confisca prima della condanna, inversione dell'onere della prova, estensione dell'esproprio ai famigliari dell'accusato) in ragione del preminente interesse al contrasto dei reati contro la PA, riconosciuto da tutti i rilevanti strumenti internazionali. |
DIMITROVI c. BULGARIA, Corte EDU, IV Sez., 3 marzo 2015 PROPERTY ACT BULGARO - ECCESSIVA L'INVERSIONE DELL'ONERE DELLA PROVA SULLA PROPORZIONALITÀ DEGLI INVESTIMENTI - APPLICABILITÀ CONFISCA DI PREVENZIONE ANTIMAFIA La Corte puntualizza i limiti della confisca senza condanna, idonea alla rivisitazione giurisprudenziale dell'istituto italiano della confisca di prevenzione antimafia disciplinata dal codice antimafia. Il caso di specie riguarda la specifica forma di ablazione della proprietà, disciplinata dal Citizens' Property Act (CPA) bulgaro. Si tratta di una forma di confisca non qualificata come misura "penale", non è formalmente volto all'ablazione di proventi di reato, né viene adottato all'esito di un procedimento penale. La misura de qua, ai sensi del CPA bulgaro, è volta a confiscare "any unlawful or non-work-related income", presumendosi tali, fino a prova contraria: a) i patrimoni manifestamente sproporzionati rispetto ai redditi legittimamente percepiti dalla persona e dai membri del nucleo familiare; b) le spese della persona e dei suoi familiari manifestamente eccedenti i redditi leciti. La confisca viene adottata dal pubblico ministero di sua stessa iniziativa oppure in seguito a segnalazioni provenienti da una commissione regionale competente in materia; in ogni caso non occorre che siano stati accertati reati o altre precedenti condotte penalmente rilevanti. La Corte europea conclude che la confisca in esame costituisce un'interferenza illegittima nel diritto al pacifico godimento dei propri beni riconosciuto dall'art. 1 Prot. add. Cedu, in quanto: i) la legge pone un eccessivo margine di arbitrarietà in capo all'autorità procedente, la quale risulta libera di aprire, sospendere, chiudere ed aprire nuovamente il procedimento in qualunque momento; ii) viene posto unonere probatorio eccessivo a carico della persona, obbligata a dimostrare la legittima provenienza di beni acquistati in un periodo di tempo indeterminato; iii) è indefinito, e quindi imprevedibile, il concetto di "unlawful income", posto che nessuna violazione normativa, tributaria o penale, viene contestata ai ricorrenti; iv) l'assenza, fra i presupposti applicativi della misura, della necessaria provenienza da reato o da evasione fiscale dei beni confiscati rende impossibile ravvisare un legittimo scopo di interesse pubblico, il cui perseguimento possa giustificare l'intrusione nel diritto di proprietà della persona. |